lunedì 15 aprile 2013

analfabetismo di ritorno: la nuova minaccia italiana

Analfabetismo di ritorno: la nuova emergenza italiana

Tostato da
Purtroppo, se oggi si dovesse giudicare l’Italia dal livello di padronanza dell’italiano saremmo davvero messi molto male. La salute della nostra lingua, infatti, sembra piuttosto allarmante, almeno a giudicare dai dati che Tullio De Mauro (tra i massimi linguisti italiani, ex ministro dell’Istruzione) ha illustrato qualche tempo fa durante un convegno.
Tra i numeri evocati da De Mauro e fondati su ricerche internazionali, ce ne sono alcuni particolarmente impressionanti: per esempio, quel 71 per cento della popolazione italiana che si trova al di sotto del livello minimo di comprensione nella lettura di un testo di media difficoltà. Al che corrisponde un misero 20 per cento che possiede le competenze minime «per orientarsi e risolvere, attraverso l’uso appropriato della lingua italiana, situazioni complesse e problemi della vita sociale quotidiana». Basterebbero queste due percentuali per far scattare l’emergenza sociale. Perché di vera emergenza sociale si tratta, visto che il dominio della propria (sottolineato propria) lingua è un presupposto indispensabile per lo sviluppo culturale ed economico dell’individuo e della collettività.
Una nuova indagine evince che la maggior parte degli italiani a stento riesce a comprendere la posologia di un farmaco: il 5% non capisce quanto scritto sul bugiardino. La metà poi, non è in grado di discernere le informazioni su un foglio di istruzioni. Per non parlare di come montare il famoso mobile comprato da Ikea: il 33% di fronte a una pagina contenente più informazioni non è in grado di individuare la soluzione del problema. È il nuovo alfabetismo che avanza e che a differenza di quello classico di chi non sapeva né leggere né scrivere, si è fatto più subdolo: è quello di chi sa leggere, ma non comprende.
A misurare questo nuovo fenomeno è un’indagine dell’Ocse, denominata All, Adult Literacy and Life Skills. I test di prose literacy, così vengono chiamati, sono stati somministrati a persone di età compresa tra i 16 e i 65 anni, in sette paesi del mondo : Bermuda, Canada, Italia, Norvegia, Svizzera, Usa e Messico. Peggio di noi soltanto i messicani del Nuevo Leòn. Il rapporto è ancora parziale, ma i primi dati non sono certo rassicuranti.
Scientificamente si chiama analfabetismo funzionale e designa l’incapacità di un individuo di usare in modo efficiente le abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle situazioni della vita quotidiana.
Oltre al tradizionale serbatoio di pensionati e casalinghe (attenzione: non vecchietti e vecchiette, visto che il target va dai 16 ai 65 anni), la fascia più vulnerabile è quella che include i disoccupati dai 26 ai 35 anni. Finita la scuola, le competenze tendono a diminuire, specie quando non vengono avviati nuovi processi di apprendimento legati al lavoro. E l’analfabetismo di ritorno minaccia di inghiottire le leve più giovani, proprio quelle a cui è affidato il futuro del paese.
Non bisognerebbe mai dimenticare che la conoscenza della lingua madre è il fondamento per lo studio delle altre discipline scolastiche e delle altre lingue (inglese compreso), così come è alla base della capacità di orientarsi nella società e di farsi valere nel mondo del lavoro. Sembrano constatazione banali, ma non lo sono affatto in un contesto in cui l’insegnamento dell’italiano nelle scuole soccombe all’anglofilia diffusa e la lettura, sul piano sociale, è nettamente sacrificata rispetto all’approccio visivo, comportando vere mutazioni psichico-cognitive.
Se ciò risulta vero, non è eccessivo affermare che l’emergenza culturale, nel nostro Paese, dovrebbe preoccupare almeno quanto quella economica.

link http://www.caffenews.it/mezzogiorno-sud/47971/analfabetismo-di-ritorno-la-nuova-emergenza-italiana/

Valter Giraudo

mercoledì 3 aprile 2013

CAMBIARE PROSPETTIVA PER VIVERE MEGLIO




Sappiamo che la terra è rotonda. Ma la nostra percezione quotidiana ci dice che è piatta. Sappiamo che l’orizzonte è limitato, che occorre salire più in alto per vedere più lontano. Ma troppo spesso ci dimentichiamo di farlo nelle prospettive del pensiero e della curiosità. Restiamo chiusi, senza neppure rendercene conto, nell’orizzonte ristretto del nostro punto di vista e del nostro piccolo cerchio di abitudini.

Gli studi sulla percezione ci dicono che vediamo le cose in modo molto diverso non solo dalla cima di una montagna rispetto al fondovalle, ma anche stando in piedi o seduti – o spostandoci di pochi metri. E che lo stesso oggetto, lo stesso disegno o grafico, può avere diverse interpretazioni secondo l’atteggiamento mentale con cui lo guardiamo.

 Di fronte ad uno stesso evento ognuno di noi assume un atteggiamento diverso a seconda del modo in cui percepisce la situazione, proprio come capita ai 3 spaccapietre nella storia che segue:

“Durante il suo lungo cammino per raggiungere un lontano santuario, un pellegrino si imbatté in un’enorme cava dove alcuni uomini stavano scolpendo dei grossi blocchi di pietra. Gli uomini erano tutti sudati, pieni di polvere e visibilmente affaticati.

Il pellegrino si avvicinò al primo uomo che batteva con fatica il martello sulla pietra e gli chiese: “Che cosa stai facendo?”.

L’uomo molto irritato gli rispose: “Non lo vedi? Sto martellando a fatica questa stupida roccia e non vedo l’ora di finire questo maledetto lavoro per tornarmene a casa”.

Più il là c’era un secondo spaccapietre ed il pellegrino gli rivolse la stessa domanda: “Cosa stai facendo?”. L’uomo che sembrava più diligente ed interessato al suo lavoro rispose: “Sto lavorando questo blocco di pietra per costruire un muro. E’ un lavoro molto faticoso ma lo faccio per mantenere la mia famiglia”.

Il pellegrino continuò a camminare e si imbatté in un terzo spaccapietre. Anche questi era molto stanco e sudato, batteva con fervore il martello sulla pietra scolpita egregiamente e di tanto in tanto si fermava per ammirare il suo lavoro. Alla domanda: ”Cosa stai facendo?” l’uomo sorrise e rispose con orgoglio: “Non vedi? Sto costruendo una cattedrale!” e guardò in alto indicando la grande costruzione che stava sorgendo sulla cima della montagna.

Tre uomini, tutti intenti a fare lo stesso lavoro, ma con tre atteggiamenti completamente diversi.”

Ognuno dei tre spaccapietre, guarda il proprio lavoro da una prospettiva diversa e di conseguenza assume un diverso atteggiamento nei confronti di ciò che sta facendo. A seconda della prospettiva, inoltre, anche la qualità del lavoro è nei tre casi, completamente differente.

Il primo uomo concentra la propria attenzione sugli aspetti negativi del lavoro che sta svolgendo ed assume di conseguenza un atteggiamento negativo di rabbia e frustrazione. Il secondo uomo, invece, percepisce il proprio lavoro come un mezzo per mantenere la famiglia e, seppur affaticato, sa che deve farlo e quasi rassegnato cerca di portarlo avanti con calma e pazienza. Il terzo uomo, al contrario di tutti, ha una visione completamente diversa di ciò che sta facendo. In questo caso guarda l’aspetto positivo del suo lavoro, non lo percepisce come un sacrificio ma come una grande impresa a cui sta dando il suo contributo e per questo cerca di fare del suo meglio per portarlo a termine egregiamente.

Questo è ciò che accade quotidianamente nella vita di ognuno di noi. Nel lavoro, nelle relazioni, negli impegni: in qualsiasi evento o circostanza la nostra personale prospettiva influenza il nostro atteggiamento ed il nostro stato d’animo.

Ecco perché è importante non fermarsi mai alle apparenze ma provare a guardare qualcosa sempre da un’angolazione diversa anche nelle cose che possono sembrarci piccole e banali. Cambiare prospettiva, dunque, può fare la differenza in molte situazioni anche se a volte ci vuole un po’ di impegno e tanta fantasia per cercare l’aspetto positivo di qualcosa piuttosto che soffermarsi sul lato negativo e pessimistico. Anche in questo caso ci vuole tanta pratica per abituarsi a non vedere soltanto il lato peggiore delle cose, però possiamo cominciare a provarci già da oggi, magari pensando ogni volta all’atteggiamento del terzo spaccapietre.

Quando ci troviamo di fronte a qualcosa di spiacevole come un lavoro faticoso, un collega noioso, una situazione pesante ecc. abbiamo mille prospettive diverse per guardare la situazione e altrettanti atteggiamenti diversi per affrontarla. Possiamo mettere in risalto gli aspetti più sfavorevoli (fatica, perdita di tempo, paura di fallire ecc.) ma questo ci porterà solo ad accrescere i pensieri negativi e a farci sentire frustrati, oppure possiamo cominciare a pensare ai lati più positivi della situazione, a quali insegnamenti possiamo trarre, a cosa ci porterà di buono, all’obiettivo finale che stiamo per raggiungere.

Diceva Vitaliano Brancati: «Gli sciocchi si annoiano perché mancano di una qualità estremamente fine: il discernimento. L’uomo intelligente scopre mille sfumature nello stesso oggetto, intuisce la diversità profonda di due fatti apparentemente simili. Lo sciocco non distingue, non discerne. Il potere di cui è orgoglioso è quello di trovare simili le cose più diverse». (In Diario romano, Bompiani, 1961).

Questo atteggiamento spiega anche la differenza tra una persona ottimista ed una pessimista: entrambi guadano la stessa cosa da due angolazioni diverse (il famoso bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto) e si comportano di conseguenza.

Il mio consiglio, quindi, è quello di tenere la mente sempre aperta, di non focalizzarsi mai solo su un aspetto, ma di guardare le cose sempre a 360° cercando la prospettiva migliore per noi. Se ci limitiamo a guardare il mondo da una finestra, vedremo solo ciò che è di fronte a noi e non ci accorgeremo mai di ciò che abbiamo intorno. Cambiare prospettiva può essere molto divertente. Ed è quasi sempre illuminante.

 



lunedì 25 febbraio 2013



Titolo: Gin-ecologia
Autore: Valter Giraudo
Editore: Miele Edizioni
Pagg.: 106, illustrato
Prezzo: € 11,50 (*)

Illustrazioni di Laura Montanari

IL LIBRO

Una donna ben informata è in grado di vivere meglio le differenti fasi della vita, con naturalezza, senza sentirsi malata, ma soprattutto senza rinunciare a prendersi cura della propria salute.

La motivazione principale che ha spinto l’autore a realizzare questo libro è stata quella di fornire una guida per migliorare la qualità della vita di ogni donna, attraverso la condivisione della conoscenza.

E perché mai la medicina naturale?

Perché vuol dire dare fiducia al proprio corpo, saper attendere, accogliere la sfida di volersi conoscere e ascoltare i segni, accettare che il sintomo sia un segnale. Proprio così: ogni sintomo è un segnale luminoso e spegnerlo può essere più pericoloso che accettare di comprenderlo.

UN LIBRO PER CREARE VALORE

Ebbene sì: la cultura può, anzi dovrebbe creare valore, e questo è uno degli obiettivi di quest’opera letteraria.

Ecco perché l’Autore e l’Editore hanno deciso di devolvere parte dei proventi derivanti dalla vendita di questo libro all’Associazione “La Camelia Blu”, affinchè la ”fiaba” della vita acquisti un valore vero e affinché la dignità della vita diventi un diritto di tutti.

(*) Per ogni libro venduto, verrà donato 1 euro all’Associazione.

 


Parte dei proventi saranno devoluti all’Associazione

“La Camelia Blu”

giovedì 14 febbraio 2013

L’angoscia dell’imprevedibile - articolo



Ovunque si parla di precarietà. Il lavoro è precario, quindi il futuro è precario. E senza certezze la vita appare impossibile da vivere. Sono difatti molti i giovani spaventati dalla precarietà e dalla piena appartenenza a questa “generazione senza futuro”.
Credo che in nessun’altra epoca come nel dopoguerra in Occidente si sia posseduta tanta ricchezza, tanta stabilità, tanta certezza del futuro. Mai era esistita una vita così blindata e sicura come quella dei nostri padri, unici detentori di un lavoro fisso e della certezza che la loro vecchiaia sarebbe stata certamente più prospera della loro giovinezza.
Il futuro, prima di loro, non era certo, se non per pochi eletti. I nostri nonni hanno visto una guerra e patito la fame, quella vera. Non andavano in vacanza, non avevano la seconda casa, e un cappotto se lo potevano permettere forse ogni dieci anni. E ancora prima i loro genitori, e i loro nonni: tutte generazioni vissute in momenti politicamente di certo più instabili di oggi, e in cui mancavano molte delle garanzie sociali che oggi, pur con tutti i loro limiti e imperfezioni, tuttavia esistono (diritto alla sanità, all’istruzione, ecc.).
Non sarà allora che ci si sta concentrando sulla mancanza di un qualcosa che oggi viene visto come imprescindibile, ma che invece è stato un’eccezione nella storia dell’uomo e non la regola?
Tutti i nostri bisogni sono allora reali o indotti da una società che falsa la realtà?
Forse il panorama attuale è l’esito di una società che non può più vivere senza consumare tanto, e che probabilmente ha uno stile di vita pieno di pretese che erode più ricchezza di quanta non ne produca.
La questione è immensa e piena di sottoinsiemi che potremmo discutere per giorni. Tuttavia mi preme l’urgenza di un interrogativo forse troppo astratto per poter essere interessante. Mi domando se questo chiedere oggi a gran voce certezze per il futuro non sia uno snaturare l’essenza della vita umana. Non sia che l’ennesimo tentativo di sconfiggere l’ignoto, e la morte che ne è l’essenza.
Cosa si nasconde allora dietro la richiesta a gran voce di certezze per il futuro? Probabilmente si nasconde uno dei motivi più antichi e primordiali dell’umanità che è l’angoscia dell’imprevedibile, per difendersi dalla quale, gli uomini hanno inventato, tappa dopo tappa, quella che noi oggi chiamiamo “civiltà”, che dunque non è altro che un rimedio all’angoscia.
Perché gli uomini si sono adunati in comunità regolate da precetti e divieti, se non per sentirsi, almeno all’interno della comunità, protetti dall’imprevedibile?
Perché hanno inventato le religioni se non per un bisogno di protezione e fiducia in una Provvidenza?
E infine, perché si sono applicati all’astronomia, e poi alla filosofia, per approdare da ultimo alla scienza?
A proposito di quest’ultima Nietzsche scrive: “Quello di cercar la regola è il primo istinto di chi conosce, mentre naturalmente per il fatto che sia trovata la regola, niente ancora è conosciuto. Eppure vogliamo la regola, perché essa toglie al mondo il suo aspetto pauroso. La paura dell’incalcolabile come istinto segreto della scienza”.
L’angoscia per tutto ciò che sfugge alla previsione, alla regola, al calcolo, se non si fossero trovati rimedi, avrebbe determinato la rapida estinzione dell’esperimento umano. Perché è la morte, massimamente certa e massimamente imprevedibile, il vero sigillo della nostra precarietà.


martedì 12 febbraio 2013

Il Budda sono io - libro




Titolo: Il Budda sono io

Autore: Valter Giraudo
Editore: Edizioni Miele
Copertina e illustrazioni di Laura Montanari

Prezzo:  € 6,50
tascabile 11x16 – 96 pagg

 


 

IL LIBRO


Il Budda sono io


Incontro con il Buddismo di Nichiren Daishonin

 

...perchè una realtà non ci fu data e non c'è:

dobbiamo costruircela noi, se vogliamo essere;

e non sarà mai una per sempre,

ma continuamente e infinitamente mutabile...


In questo breve e semplice libro, l’autore si rivolge soprattutto ai neofiti e a tutti quelli che sono incuriositi dal Buddismo e vi si avvicinano per la prima volta.
L’intento è quello di tramettere la forza per mantenere sempre viva in ognuno di noi la “speranza”, che è estremamente importante poiché aumenta la qualità della vita. La speranza ci fa vivere ogni istante della quotidianità con spirito fiducioso, cogliendo gli aspetti positivi di ciò che ci succede e maturando nel tempo la convinzione che la vita stessa non ci metterà mai di fronte a ostacoli che non siamo in grado di superare o di sofferenze che non possiamo trasformare.


venerdì 8 febbraio 2013

Fiabe Buddiste

 
Titolo: Fiabe Buddiste
Autore: Valter Giraudo
Editore: Miele Edizioni
Pagg.: 120
Prezzo: €11,50 (*)
Illustrazioni di Laura Montanari

IL LIBRO


«C’era una volta ...».
Una frase magica… vecchia come il mondo, ma ancora capace di scatenare intense emozioni…
Appena si pronuncia, d’improvviso regna il silenzio e viene catturata l’attenzione anche dei più distratti.
I racconti sono come una calamita che attrae irresistibilmente l’attenzione degli ascoltatori.
Questo è vero anche nel Buddismo.
Il Budda usava infatti le parabole come espedienti per illustrare princìpi molto profondi e difficili in modo semplice e diretto. Si trattava di storie che avevano il potere di coinvolgere non solo l’intelletto ma anche le emozioni, i sentimenti. Perché per cogliere l’essenza dell’insegnamento buddista non basta la ragione ma è importante il cuore.

UN LIBRO PER CREARE VALORE

Ebbene sì: la cultura può, anzi dovrebbe creare valore, e questo è uno degli obiettivi di quest’opera letteraria.

Ecco perché l’Autore e l’Editore hanno deciso di devolvere parte dei proventi derivanti dalla vendita di questo libro all’Associazione “Verità per Denis”, affinchè la ”fiaba” della vita acquisti un valore vero e affinché la vera giustizia diventi un diritto di tutti.
(*) Per ogni libro venduto, verrà donato 1 euro all’Associazione.

 


lunedì 4 febbraio 2013

7° comandamento: non rubare

Nel corso dei secoli il settimo comandamento non è stato messo troppo in pratica.  Molti uomini - “abbagliati” dal desiderio di incrementare le proprie ricchezze personali - non hanno esitato a usare le ricchezze comuni come se fossero proprie,  a “utilizzare” le persone come se fossero cose, a inquinare e a distruggere il “bene comune” della natura...
Il settimo comandamento: Non rubare, proibisce di prendere e di ritenere ingiustamente la roba altrui e di recar danno al prossimo in qualunque altro modo. Proibisce anzitutto il furto, che è l’usurpazione del bene altrui contro la ragionevole volontà del proprietario. Ciò si verifica anche nel lavoro: pagare salari ingiusti; speculare sul valore dei beni per trarre vantaggio a danno di altri; contraffare assegni o fatture. Proibisce inoltre di commettere frodi fiscali o commerciali, di arrecare volontariamente un danno alle proprietà private o pubbliche.
Proibisce anche l’usura, la corruzione, l’abuso privato di beni sociali, i lavori colpevolmente male eseguiti, lo sperpero.
Il settimo Comandamento prescrive il rispetto dei beni altrui, attraverso la pratica della giustizia e della carità, della temperanza e della solidarietà. In particolare, esige il rispetto delle promesse fatte e dei contratti stipulati; la riparazione dell’ingiustizia commessa e la restituzione del maltolto; il rispetto dell’integrità della creazione mediante l’uso prudente e moderato delle risorse minerali, vegetali e animali che sono nell’universo, con speciale attenzione verso le specie minacciate di estinzione.
 

by Valterinik


mercoledì 23 gennaio 2013

Ebook gratuito per gli amanti del noir

 
Per tutti gli amanti del noir,
continua ad essere reperibile
l'ebook gratuito "Pillole di terrore"
di Valter Giraudo,
scaricabile al link


lunedì 21 gennaio 2013

Agenda Saggezza 2013

Per chi non ha ancora provveduto...
non solo una preziosa Agenda,
ma una vera e propria operad'arte.
Ogni giorno un aforisma, un proverbio o una frase di un personaggio famoso vi aiuteranno ad aprire la vostra mente e toccheranno il vostro cuore.
Un’agenda preziosa che vi accompagnerà e vi arricchirà, giorno dopo giorno,
per tutto l’anno.
L’interno è impreziosito dalle bellissime illustrazioni
piene di significati di Laura Montanari e dalle stupende fotografie di Adriano Pasian.
Acquistabile in tutte le librerie online o direttamente
c/o la casa editrice al link



martedì 15 gennaio 2013

VIP - "Very Invisibile People" - articolo

 
VIP
Very Invisibile People

 

Sono le persone comuni i veri protagonisti della storia. Volti, sguardi, figure invisibili, anonime.

Una società che si definisce democratica dovrebbe rendere visibili dando risalto a questi anonimi protagonisti che fanno la storia da “dietro le quinte”!!!

Questi “invisibili” sono tutti coloro che operano nei luoghi più difficili del nostro precario benessere, sono i volontari che rischiano la vita ogni giorno, sono le vittime della violenza, della guerra, dell’ingiustizia.

Questi sono i veri VIP, non certo i personaggi blasonati e strapagati che questa TV spazzatura vuol farci passare come idoli ed eroi, come falsi modelli da imitare.

L’augurio che faccio in questo inizio di anno, e per gli anni a venire, è che si accetti di vedere ciò che è realmente davanti agli occhi di tutti, di riconoscere che tutti viviamo una comune condizione di insicurezza e fragilità, che si voglia finalmente scegliere di costruire tutti insieme, ribadisco “TUTTI”, le condizioni per una nuova convivenza civile e di una nuova speranza.

 Pubblicato al link

Valter Giraudo



venerdì 11 gennaio 2013

Politici onesti? Una leggenda metropolitana.


Politici onesti? Una leggenda metropolitana.

Quella del “politico onesto” è una leggenda metropolitana, un'antica figura mitologica che trae origini dai racconti di Omero - erano esseri  leggendari preposti a portare il benessere presso l’umanità - tornata in voga da quando qualcuno ha inventato il sistema politico italiano moderno.

Ancora oggi non si hanno prove certe dell'esistenza di questi esseri magici, sebbene molti possono giurare di aver visto qualche esemplare girare misteriosamente tra i locali di Montecitorio, per poi eclissarsi nel nulla, quasi ad emulare il più famoso “Belfagor”.

In Italia siamo persone realistiche e quindi dovremmo sapere con estrema certezza che i politici onesti sono creature leggendarie. Tuttavia c'è ancora chi casca nello scherzo. La burla viene perpetrata soprattutto ad ogni campagna elettorale da quei simpaticoni dei nostri politici, a cui piace migliorare l'umore dei cittadini con slogan e dichiarazioni senza senso.

Ma come esistono oratori balbuzienti, umoristi tristi e parrucchieri calvi, potrebbero esistere benissimo anche dei politici onesti… basta vedere la foto allegata!

Valterinik

lunedì 7 gennaio 2013

L'INDIFFERENZA CHE UCCIDE - ARTICOLO


Ogni giorno siamo testimoni dell’aumento della criminalità. Indifferenza e omertà non fanno altro che amplificare questa corrente distruttiva

 
Di aggressioni e violenze di ogni genere, soprattutto a donne e anziani, potremmo riempire quotidianamente un giornale intero. Ne capitano tutti i giorni, più di quelle di cui veniamo a conoscenza. Il più delle volte, per paura, per vergogna, o per altri motivi, chi subisce un reato non lo denuncia.
Ma il punto cruciale non sono i reati in sé, sono il contesto in cui avvengono. I più succedono alla luce del sole, in posti affollati. In quasi tutti è presente lo stesso scenario: la folla assiste impassibile, come fosse la scena di un film, o fa finta di non vedere.
In ogni caso, la più totale indifferenza. Quell’indifferenza che permette al crimine di farla da padroni. Quell’indifferenza che uccide.
Viviamo tutti nella più totale insensibilità, nel più totale isolazionismo, curiamo solo il nostro “orticello”, come se fossimo entità separate di questo universo, entità separate tra loro anni luce.
Non è in questo modo che possiamo pensare di risolvere le cose. Indifferenza, omertà, menefreghismo, lamentela, semplice curiosità: non servono per combattere il costante aumento della criminalità. È tempo di ribellarsi ai soliti schemi e costruire una nuova epoca dove splendano umanità e cultura, e dove la sacralità della vita venga in ogni caso al primo posto.

“Non importa quanto cambino i tempi o quanto sia progredita una civiltà, in fin dei conti tutto dipende dal carattere delle persone. Le decisioni degli esseri umani determinano il loro destino e quello del resto del mondo” D. Ikeda (Maestro Buddista – La nuova riv. Umana, vol.7)

L’umanesimo, quello vero, quello in cui credo, non affonda le sue radici in un particolare sistema di credenze. Esso afferma semplicemente la sacralità della vita e che ogni individuo è in grado di realizzare una profonda trasformazione interiore coltivando la propria intrinseca natura.

Rammento un incidente d’auto di qualche anno fa: un uomo urtava con l’auto una donna. Lui aveva torto ma, forte della sua prepotenza, voleva aver ragione ad ogni costo. Mi fermai per portare la mia versione dei fatti, per supportare quella donna intimorita da tanta collera. Fui visto da entrambi come un extraterrestre: invece di far finta di nulla ero intervenuto! Fui accolto dalla tipica frase: “Perché non ti fai i c… tuoi che campi cent’anni?

Forse, non ho mai voluto campare cent’anni in preda all’oblio, nella più totale apatia e omertà. Inoltre, se interessarsi al benessere comune, al trionfo della giustizia, a far valere i diritti ed il rispetto di ogni essere vivente, se tutto questo vuol dire essere un extraterrestre, beh… ben felice di esserlo!

Articolo pubblicato da "Caffè News" al link
http://www.caffenews.it/svilupposostenibile/44487/lindifferenza-che-uccide/



venerdì 4 gennaio 2013

"Gli alieni siamo noi" - articolo


Siamo i diretti responsabili del disastro che ci circonda.
Ha ragione la signora Pina quando mi ha confidato che: “Gli ufo esistono certamente, ma non atterrano, hanno paura. Probabilmente ci hanno scrutato da lontano e hanno gridato: aiuto, gli alieni!”
Noi devastiamo e non rispettiamo la nostra stessa madre Terra. Noi ci facciamo la guerra. Inseguiamo l’integrazione, temiamo sia impossibile, mescoliamo attrazione e diffidenza. Talvolta sbandieriamo uno spirito di fratellanza che non abbiamo, altre volte nascondiamo per pudore un fastidio. Qualche volta ci turba l’intolleranza, altre siamo indignati per il pregiudizio.
La crisi ci morde il fianco ma il consumismo non riesce a mollare la presa, la violenza e lo sbando covano sotto la cenere ma le paillettes, le veline ed i reality show regnano ancora sovrani.
In questo caos da capogiro, in questo bazar a cielo aperto, in questo mondo che impone divieti perché nulla è vietato, in questo tempo che consente tutto perché dentro e davanti ha il niente, tutti si amano e si odiano, tutti credono di sapere ma nessuno capisce.
Tutti alla fermata di un autobus senza numero, sporco e malandato.
Tutti a sognare un bella vita, tanti soldi, una ferrari rossa, bellissima, veloce, seducente. Tutti a bersi l’anima. O a drogarsi. Per non pensare o per pensare che sia meglio dimenticare.
Percepiamo la follia. Ci sentiamo vittime di un disegno disastroso. Sentiamo che qualcuno tira perfidamente i fili del destino, un destino che ci sfugge di mano, che ci sentiamo incapaci di gestire. Proviamo disgusto per quello che non è umano o lo è troppo per poterlo accettare. E vediamo che tutto corre, anche senza di noi. Ci prende il fiatone ma non possiamo sederci. Le parole diventano grosse e perdono di significato. Il giorno segue la notte, la notte segue il giorno, senza che luce e buio ci lascino spazio per essere dove e come vorremmo.
Così ti senti addosso la veste assurda di una filosofia povera e inutile, che non spiega, non illumina, non rallegra, non apre porte. Ti fa solo restare nella dimensione irrisolta di un disagio che non ha spazio su questa terra. Perché su questa terra il disagio è un ingombro intollerabile. Guai a farsi troppe domande. Guai ad urlare davvero. Così deve andare, tu non puoi invertire la marcia.
D’altra parte ti cuci la bocca anche per stanchezza. Non sopporti più che la tua voce sia confusa con altre voci. Non sopporti più di essere un’occasione, che piace a qualcuno e ripugna ad altri. Non sopporti più che esistano solo i vicoli ciechi, i fanatismi dichiarati e quelli mascherati ma altrettanto irriguardosi. Se pronunci una frase ti appiccicano sulla pelle una etichetta, se esprimi un’idea appartieni a questo o a quel gruppo, se osi propendere per qualcosa sei filo non so che, se manifesti un dubbio sei contro non so che altro.
Tutte queste realtà ci portano a “subire” la vita, non a viverla. Diceva il Mahatma Gandhi: “Diventa il cambiamento che vuoi vedere”. Proviamo allora a diventare noi stessi il perno del cambiamento, l’innesco di un nuovo incendio, un incendio di consapevolezza, una nuova presa di coscienza, un nuovo umanesimo. Usciamo dal guscio, liberiamo il coraggio che è in noi, prendiamo veramente il timone e dirigiamo consapevolmente la nostra vita. Diventiamo protagonisti, non comparse.
Siamo alieni. A noi stessi, alla storia, alla vita.
Facciamo orrore agli ufo. Non ci riconoscono più. Siamo noi stessi extraterrestri, usurpatori della Terra. Ma abbiamo in noi la forza per cambiare e far cambiare l’ambiente in cui viviamo.
Almeno proviamoci . . .