venerdì 14 settembre 2012

Tutto può succedere...

 
TUTTO PUO' SUCCEDERE

 
Oggi c'è umidità. Piove, e tutto il paesaggio circostante è tinto di grigio per via della foschia e della nebbiolina che aleggia tutto intorno. I cantieri sono chiusi, nessuno lavora all'aperto quando piove.
E io sono qui alla fermata dell'autobus, senza un riparo, senza un ombrello. Il mio zaino è già fradicio, e scommetto che anche tutti i libri sono già belli bagnati, con gli angoli rovinati.
Tiro su col naso. Oltre a piovere, fa anche freddo, e il cielo plumbeo non porta certo allegria, anzi, amplifica il mio malumore.
Finalmente arriva l'autobus che mi porterà a casa. Appena si ferma mi fiondo dentro, all'asciutto, bramoso di un riparo e un po’ di tepore.
Mi guardo in giro, alla ricerca di un posto libero vicino a qualcuno che conosco. Trovo Alì tutto solo, seduto nei posti da quattro. Mi affretto a sedermi vicino a lui. Oggi ha una brutta cera, e la cosa non mi tira certo su il morale.
"Ciao, come va?" - gli chiedo, stancamente, cercando di imitare il suo stato d'animo.
Lui fa spallucce, poi dice: "Niente di nuovo, un giorno uguale agli altri..."
"Come al solito." – replico io.
Guardo fuori dal finestrino, poi gli dico, senza guardarlo: "Domani, se non sbaglio, esci alle due, perciò non ci vediamo."
Lui non mi risponde e sbadiglia.
"Sonno?" gli chiedo.
"Sì, ma non fa niente. Tanto non dormirò più, non soffrirò più, anzi sarò un eroe."
"Che cav..." – tento di esclamare. Ma non riesco a finire la frase. Alì apre il giubbotto, rivelando una fila di candelotti di dinamite, e preme un pulsante.
L'ultimo fotogramma che il mio cervello percepisce è una luce al centro del corpo di Alì, e i suoi  pezzi che si separano e schizzano ovunque, insieme ai resti del bus e di tutti i suoi passeggeri, me compreso.


 

Valter Giraudo

 



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